Ormai da alcuni anni la festa di san Lorenzo ha assunto una connotazione particolare grazie all’iniziativa de «La Raccolta di San Lorenzo» in generi alimentari a lunga conservazione, che vengono donati a Caritas.
Un gesto nato per valorizzare la dimensione caritativa della testimonianza del patrono e per coinvolgere un numero il più possibile ampio di persone nella corresponsabilità verso i bisogni dei poveri della città. Quest’anno l’iniziativa – che si terrà per l’intera giornata di sabato 8 agosto (i dettagli nel servizio di spalla) – è ancor più segno, perché cade in un tempo particolare come quello del post emergenza covid, che ha fatto venire a galla bisogni nuovi e crescenti, paure, fragilità, diffuso senso di insicurezza verso il futuro in tante famiglie e persone.
La Caritas diocesana e i centri di ascolto parrocchiali hanno lavorato molto in tal senso, come abbiamo raccontato in questi mesi su queste pagine. «Sì – commenta don Enzo Capitani, che di Caritas diocesana è il direttore – quest’anno la Raccolta è ancor più un segno, anche perchè le feste laurenziane risentono di questo clima, per cui saranno ridotte nei gesti e manifestazioni esterne, che tradizionalmente ne segnavano la ricchezza, ma ci rimettono davanti all’essenziale, perché i poveri, in questo contesto, sono numericamente aumentati.
Questa pandemia – continua don Capitani – ci ha costretti ad una riflessione dal punto di vista della scienza medica, ma anche dell’antropologia. Siamo persone limitate, abbiamo bisogno gli uni degli altri, per cui le fragilità sono venute a galla. Come una marea: si innalzano sempre più col passare del tempo. Io credo che oltre alla fame e sete materiale in questo tempo ci sono tante fami e seti diverse.
Una su tutte, prorompente, è la fame e sete di giustizia. Ripeto spesso che se c’è la povertà in qualche angolo del mondo è perché c’è un’ingiustizia latente, che poi esplode tutta insieme. Dovremmo imprare a mettere l’accento su questo aspetto, per impegnarci continuamente a lottare per la legalità e per la giustizia».
Il pensiero di don Enzo quest’anno va soprattutto a chi si trova in carcere, lui che è anche cappellano della casa circondariale di Grosseto. «Dedico a loro questo san Lorenzo – dice – e, insieme con loro, ad un modo cui raramente ci riferiamo: dietro a ogni detenuto, chiuso in un ambiente ristretto – giustamente perché deve scontare la sua pena – ci sono, infatti, i familiari. C’è un dolore grosso nelle famiglie di queste persone, perché c’è la vergogna da superare… c’è l’impatto con la realtà del carcere… C’è, insomma, una realtà di dolore, che spesso è affrontato nella solitudine, perché in pochi pensano a queste famiglie.
Per questo, se dovessi idenitificare in questo periodo i poveri nuovi, che poi nuovi non sono, li identificherei nelle famiglie dei detenuti. Affidiamo, allora, a san Lorenzo – lui che ha provato sulla propria pelle cosa significhi combattere l’ingiustizia del potere e che ha conosciuto in prima persona cosa signfica essere carcerato – i detenuti, le loro famiglie, soprattutto i figli, che si provano a proteggere con bugie pietose, che nascondono una profonda realtà di sofferenza».